Essendo locato in uno stabilimento balneare, potete immaginare che tipo di gente possa ronzare attorno al barretto.
Mi spiego meglio: per me, andare al mare pagando 7 euro di ombrellone, 7 euro per un lettino, 5 per la sdraio e 5 per la sedia.. è inconcepibile.
E' proprio fuori dalla mia portata mentale (oltre che da quella delle mie tasche), perchè è da quando sono nata che vado rigorosamente nella spiaggia pubblica, con tutti i pro ed i contro che ne consegue: ronde di 5 km per trovare un dannato posto libero sul ciglio della strada (perchè è ovvio: quando non possono privatizzare la spiaggia.. mettono il parcheggio a pagamento!).
Insomma, per farla breve: a mio avviso la spiaggia privata altro non è che l'ennesima speculazione su quello che, di natura, appartiene a tutti.
Però, a giudicare dall'afflusso di persone allo stabilimento balneare.. non tutti la pensano come me.
Così il barretto è costellato da una strana fauna, ed il post di oggi è dedicato a:
- i figli di papà.
Solitamente arrivano firmati da capo (taglio all'ultima moda nel parrucchiere più "in" della città) a piedi (ciabatte Dolce e Gabbana).
Con in spalla il loro zainetto (firmato!), attraversano la passerella di legno e si dirigono verso il loro ombrellone. Da quel momento in poi li potrete vedere fare avanti ed indietro dal barretto, perchè loro possono fare merenda anche 5 volte al giorno, con un bujet fisso di 10-15 euro.
Eeeh, altri tempi i miei.
La merenda al bar era inconcepibile: prima dovevi mangiare la frutta che la mammallacoque portava da casa, poi al massimo era concesso di spendere
mille lire.
In questo modo la scelta ricadeva ovviamente sui ghiaccioli, che non ti riempivano abbastanza lo stomaco per sfuggire alla cena. Il più in voga di tutti era il Lipperlì, che avendo lo stecco di liquirizia faceva parte della filosofia "
non si buttavia via nulla".
Nei giorni fortunati potevi dare un morso allo Stecco Ducale del babboallacoque, ma solo quando costui non era in cassa integrazione.
I figli di papà sono della Toscana o del nord Italia: quelli del sud stanno nella spiaggia libera, e vengono pubblicamente derisi dai primi, che urlano "
Terroni gay di merda!" a squarciagola.
I figli di papà hanno al massimo 14-15 anni: giocano ancora alle carte (le Magic, che credevate? Scala Quaranta neanche lo conoscono!) ma già vanno in discoteca.
Parlano di ciò che i loro ormoni suggeriscono, ma si vergognano a sedersi accanto alle bimbe di cui sono infatuati.
Le sopracitate bimbe ovviamente sono già la fotocopia spiccicata di una qualsiasi partecipante ad
Amici di Maria DeFilippi, accavallano le gambe e mi chiedono la cannuccia per sorseggiare il loro succo di pera.
Il gruppo dei più piccoli (8-9 anni) stanno sempre al tavolino a giocare autisticamente all'ultima versione della Play Station portatile. Di tanto in tanto le loro dita si fermano, e afferrano il bicchiere di acqua e menta, prima di ritornare a ticchettare sui tasti.
Gli unici figli di papà che ronzano attorno al barretto e che mi stanno simpatici sono due: Ginevra e BimboMostro.
La prima ha 7 anni ed i capelli rossi: compra sempre le patatine delle Winx, e a volte porta il caffè al babbo. Ancora non sa contare i soldi, quindi puntualmente mi rovescia sul bancone l'intero contenuto del portafogli della madre, ridacchia imbarazzata e con la sua vocina stridula mi chiede "
Puoi fare te?" e poi si giustifica "
Io non ci capisco niente!", riferendosi agli euro che intanto si sono sparpagliati pure in terra.
BimboMostro forse è di un anno più grande ed è così brutto, ma così brutto che alla fine sembra quasi carino. Cammina gobbo, ha gli occhi incavati e le sopracciglia perennemente aggrottate, il naso aquilino e le labbra arricciate.
Viene al barretto per ordinare "
Un biccherVe di acqua" e dopo aggiunge "
..naturVarVe!", così che ogni volta che lo vedo arrivare da lontano, glie lo faccio trovare già lì ad aspettarlo.
E lui ride, mostrandomi i denti storti.
Che c'è?! Mica glie l'ho dato a caso quel soprannome!
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